Saluto al pubblico e ringraziamento ad Emanuela

L’Associazione “Faro Tricolore” nasce nel 2010 con lo scopo statutario di divulgare e pomuovere la Storia del Risorgimento, i valori e gli ideali fondanti dell’Unità d’Italia, con i suoi protagonisti e con i monumenti che ne perpetuano la memoria.

Nel 2012 siamo entrati a far parte del Coordinamento Nazionale Associazioni Risorgimentali, tramite l’allora Presidente, il compianto Luigi Lonardi, già sindaco di Solferino.

Volentieri quindi abbiamo accolto l’idea dell’attuale Presidente, Alessandro Minardi, di svolgere una Conferenza su un evento risorgimentale avvenuto nel nostro territorio, coniugando così la Storia nazionale con quella locale.

Titolo della Confrerenza di oggi: ” La Battaglia di Solferino e San Martino nel Risorgimento Italiano”

Il Risorgimento italiano non fu solo guerre, battaglie e sangue, ma anche un grande movimento ideale fatto di scritti appassionati che circolavano da una parte all’altra dell’Italia, pensiamo agli scritti di Mazzini o ai numerosi giornali distribuiti anche clandestinamente, all’apporto della Musica, non solo quella del Melodramma che ebbe la sua massima espressione nelle opere di Verdi, ma anche ai Canti popolari, da Addio… mia bella Addio, al Canto degli Italiani di Goffredo Mameli fino alla Bella Gigogin cantata appunto al tempo della seconda guerra di indipendenza su più fronti, proprio come Lilì Marlen nella seconda Guerra mondiale.

Al Risorgimento diedero un contributo fondamentale anche la poesia da Berchet a Manzoni, e la pittura dei pittori soldati, come Carlo Bossoli, i fratelli Domenico e Girolamo Induno o Carlo Ademollo autore tra l’altro di una trilogia dedicata ad Anna Cuminello, unica vittima civile della Battaglia di San Martino, di cui parleremo in seguito. Uno di questi dipinti è quello scelto per la locandina di questa conferenza.

Il Risorgimento ebbe due anime diverse : un’anima democratica, popolare e repubblicana, rappresentata da Mazzini e Garibaldi e un’anima moderata, liberale e monarchica rappresentata dalla monarchia dei Savoia, da Cavour e da aristocratici moderati, contrari agli eccessi rivoluzionari.

Ma entriamo nel vivo dell’argomento di oggi : La battaglia di Solferino e San Martino fu la battaglia decisiva e conclusiva della Seconda Guerra di Indipendenza ed ebbe importanza per due fondamentali motivi,il primo, di ordine nazionale perché solo due anni dopo si giunse alla proclamazione del Regno d’Italia ed è stata giustamente definita “Il Crinale dei Crinali” e cioè il punto di non ritorno. Il secondo di ordine internazionale, perché da questa battaglia, una delle più sanguinose della Storia Moderna, inferiore per numero di morti solo a quella di Lipsia, nacque l’idea della Croce Rossa.

La Seconda guerra di Indipendenza fu il capolavoro diplomatico di Cavour cheseppe guadagnare alla causa italiana l’imperatore dei francesi, facendo leva sul suo orgoglio personale, emulo del grande zio, e sulla sua propensione per il fascino femminile, giocando d’astuzia e mettendogli vicino la sua bella cugina, la Contessa di Castiglione.

Figura controversa del nostro Risorgimento, Virginia Oldoini Verasis, Contessa di Castiglione, “la bella fiorentina”, è considerata da alcuni come una cortigiana di alto bordo prestata alla politica, che seppe irretire con le sue grazie l’imperatore dei francesi. Altri invece vedono in lei una patriota, investita di una missione segreta, un bellissimo giocattolo nelle mani di Cavour.

A confortare questa tesi, la distruzione, alla morte di lei,del carteggio personale fra la Contessa e il governo sabaudo.

In questo modo al piccolo Regno di Sardegna si affiancava una grande potenza europea, la Francia, che lo metteva in grado di affrontare la più grande potenza dell’epoca, l’Impero Asustriaco dell’Imperatore Franesco Giuseppe, che direttamente o indirettamente controllava tutta l’Italia.

Ma facciamo un passo indietro e andiamo al Decennio preparatorio. Antefatto: Dopo il fallimento delle grandi aspirazioni democratiche delle rivolte popolari in gran parte ispirate da Mazzini, del triennio rivoluzionario, iniziato in Italia con la rivolta di Gerace del 1847 e il ’48-’49, definito “La Primavera dei Popoli”, iniziata con la Rivolta di Palermo e conclusasi con la caduta di Venezia, nell’agosto del 1849, le speranze degli italiani si rivolgono altrove e cominciano a guardare al Piemonte , come unico stato costituzionale nel panorama italiano e a Vittorio Emanuele come unico sovrano costituzionale. Comincia l’ascesa di Camillo Benso Conte di Cavour proprio nel ’52, dopo che in Francia, un anno prima, il 2 dicembre 1851, Luigi Napoleone, con un colpo di Stato, era diventato Imperatore dei Francesi.

Dopo essere stato Ministro dell’Agricoltura e Ministro delle Finanze, del Governo D’Azeglio, Cavour diventa primo Ministro, liberandosi dei Cattolici moderati rappresentati da Massimo D’Azeglio.

Grande merito di Cavour fu quello di aver compreso che occorreva far accettare alle potenze europee l’idea di un’Italia unita. A tale scopo si inserisce abilmente nella politica europea inviando in Crimea un corpo di Spedizione di 15000 bersaglieri guidati da Alfonso Lamarmora, per poi sedere al tavolo della pace e porre la questione italiana.

Quanto a morale Cavour si avvicina a Machiavelli. Il suo motto infatti era :

“In politica, nè rancori nè riconoscenza”La frase sembra mutuata da Charles Montalembert.

Nel 1857, l’anno della Spedizione di Sapri, ultima insurrezione mazziniana, nasce la Società Nazionale, a cui aderisce anche Garibaldi, mettendo da parte l’istanza repubblicana, e il cui motto è appunto “Italia e Vittorio Emanuele”. Comincia ad affermarsil’anima moderata del Risorgimento.

Così Cavour, forte dell’appoggio del Sovrano,si incontra con Napoleone III e dà vita ai patti di Plombieres (la volontà di Napoleone III è quella di emulare il suo illustre predecessore con una grande campagna d’Italia e di sostituire l’influenza francese a quella austriaca. Il Progetto di Napoleone, in caso di vittoria, dopo un eventuale attacco austriaco al Regno di Sardegna, era la formazione in Italia di tre stati formanti poi una Confederazione con a capo il Papa, a cui sarebbe rimasta Roma e un piccolo territorio circostante. Si sarebbe formato uno Stato dell’Italia Settentrionale sotto Casa Savoia, un Regno dell’Italia centrale che sarebbe andato a suo cugino, Girolamo Napoleone che avrebbe sposato Clotilde di Savoia, figlia primogenita di Vittorio Emanuele, e il Regno del Sud, eventualmente liberato dai Borbone, sarebbe andato ad un discendente di Gioacchino Murat.)

In questo modo si sarebbe assicurata in Italia la supremazia francese. E veniamo alla seconda guerra di Indipendenza.

Cavour organizza manovre militari al confine col Lombardo-Veneto, che provocano l’invio di un ultimatum da parte del Governo Austriaco, ultimatum naturalmente respinto, che rende inevitabile l’attacco austriaco al Regno di Sardegna.

Ciò rende operante l’accordo di Plombieres che prevedeva una guerra difensiva. L’esercito francese con alla testa l’Imperatore sbarca a Genova e si congiunge con le truppe piemontesi, avanzando nella pianura padana.

Nel frattempo si era formato il Corpo dei Volontari guidato da Garbaldi, I Cacciatori delle Alpi, tutti volontari, che diedero un contributo decisivo alla guerra, tenendo impegnato una parte dell’esercito austriaco e compiendo un percorso più a Nord, rispetto al percorso delle truppe regolari alleate,

Entrarono infatti per primi a Varese, Como, Bergamo e Brescia, dove, il 13 giugno, furono accolti con particolari manifestazioni di giubilo dalla popolazione, che ricordava bene la repressione austriaca seguita alle Dieci Giornate.

Garibaldi era stato nominato generale, con grande disappunto dei generali di carriera, e indossava la divisa di generale dell’esercito sabaudo, come ce lo mostra il bel ritratto conservato al Museo del Risorgimento di Milano. Contemporaneamente era fatto divieto ai suoi volontari di indossare la Camicia rossa, ma dovevano portare una divisa simile a quella dei soldati piemontesi, in modo che le loro imprese non si distinguessero troppo da quelle dell’esercito regolare.

Gli Austriaci si ritirano verso il Mincio dopo lo scontro con i Garibaldini a Virle Treponti del 15 giugno 1859. A quel punto però Garibaldi ricevette l’ordine di portarsi a Salò, dove danneggiò gravemente un piroscafo austriaco che cercò riparo sulla sponda opposta del Lago di Garda, la costa veronese, in mano agli austriaci. Si pensava infatti che la guerra dovesse continuare con un possibile, prossimo attacco alla fortezza di Peschiera. Di fatto Garibaldi, si trovò a Salò, quando a San Martino si combattè la Battaglia decisiva, il cui merito andò tutto all’esercito regolare.

Intanto le truppe di Napoleone III e Vittorio Emanuele entrano a Brescia il 17 giugno, trovandola libera dagli austriaci, dopo aver combattuto 4 battaglie, a Motebello, Palestro, Magenta e Melegnano. La più cruenta e la più importante fu certamente quella di Magenta, prima di quella di Solferino e San Martino. A questo punto il Generale austriaco, Gyulai, sconfitto 4 volte, viene destituito e Francesco Giuseppe si pone alla testa del suo esercito.

E siamo quindi alla vigilia della Battaglia di Solferino e San Martino.

E’ il 23 giugno 1859 …..giovedì, festa del Corpus Domini , i tre eserciti, che, ignorano le rispettive posizioni, sono schierati a poca distanza l’uno dall’altro, ma non lo sanno…I due sovrani,Vittoirio E. e Napoleone III, dopo la Messa, si spingono a cavallo fino alle alture che sovrastano Desenzano e qui, dal diario di Enrico Morozzo della Rocca, apprendiamo che l’imperatore, appartatosi con Vittorio Emanuele gli mostra una lettera giunta proprio quel giorno dalla Francia , in cui l’Imperatrice Eugenia, Reggente di Francia, preoccupata per l’ammassarsi delle truppe prussiane lungo il confine renano, invita il consorte a concludere al più presto la Campagna d’Italia e a riportare l’esercito in una Francia minacciata.

Il giorno successivo, ignorando l’esatta posizione del nemico,le colonne franco piemontesi hanno l’ordine di muoversi in direzione Mincio, pensando che l’esercito austriaco fosse ancora al di là del Mincio, mentre nei giorni precedenti gli austriaci, riattraversato il fiume, si erano attestati sulle alture a sud del Garda e nella pianura fino a Castel Goffredo. Mentre gli Austriaci avrebbero dovuto muoversi più tardi in direzione Chiese.

Si trattò quindi di una Battaglia di Incontro, che infuriò per un’intera giornata su un fronte di 20 Km, dal Lago di Garda fino a Castel Goffredo e prese nome di Battaglia di Solferino e San Martino, perchè in quel territorio limitato erano presenti i tre Sovrani coinvolti nella guerra, l’Imperatore Francesco Giuseppe sull’altura di Cavriana, Napoleone III, che da Castiglione avanzò a Solferino e Vittorio Emanuele che seguì la Battaglia da Castel Venzago, a 5 Km da San Martino.

Nei 5 Km. Intorno a San Martino combattono 4 Divisioni dell’esercito sardo, e cioè i Piemontesi, o per meglio dire gli italiani, in quanto nelle 4 divisioni piemontesi erano arruolati dai 7000 ai 9000 volontari provenienti da altre regioni, poichè dovunque si combatteva nel Risorgimento correvano volontari da ogni parte d’Italia. Nei rimanenti 15 Km. furono i Francesi a scontrarsi con il grosso delle truppe austriache, avvalendosi della superiorità del cannone rigato,

rispetto a quello ad anima liscia in possesso degli austriaci e dei piemontesi.

L’esercito piemontese si scontrò con l’ala destra dello schieramento austriaco guidata dal Generale Ludwig Von Benedek,uno dei più valenti generali dell’esercito austriaco, che aveva trascorso la notte precedente tra il Castello di Pozzolengo e la Cascina Ponticello, dove ci fu il primo contatto con i piemontesi partiti nella notte dal territorio che si trova tra Lonato e Desenzano.

Su quel Fronte di 20 Km erano schierati circa 300.000 uomini e le forze si equivalevano: 150.000 i franco -piemontesi e 150.000 gli austriaci, anche se non tutti entrarono in azione.

Al termine della Battaglia si contarono circa 40.000 tra morti, feriti e dispersi. Fu una vera carneficina.

A San Martino tra la Collina del Roccolo, ove ora sorge la torre monumentale, la Cascina Contraccania e l’argine della ferrovia si combattè dalle prime ore del mattino fino alle nove di sera, con la sola pausa di due ore, dalle 16.30 alle 18.30 , in cui su tutta la zona si abbattè un violento temporale che i testimoni definirono un vero uragano. Gli scontri ripresero intorno alle Cascine di San Martino, ma solo quando la Contraccania cadde nelle mani dei Piemontesi, dopo sette ripetuti assalti durante la giornata, Von Benedek dette l’ordine di ritirarsi eseguendo l’ordine di Francesco Giuseppe inviato a San Martino nel primo pomeriggio.

Per la descrizione dei guasti nel territorio e per lo strazio dei morti e feriti rimasti sul terreno, si rimanda alle descrizioni lasciate da Henry Dunant nel suo “Un ricordo di Solferino” pubblicato nel 1862 e alla descrizione che ne fa il volontario del Primo Reggimento Granatieri di Sardegna, che combattè a Madonna della Scoperta, Giulio Adamoli, nel suo “Da San Martino a Mentana.Ricordi di un Volontario ” pubblicato nel 1892 .

La gara di solidarietà che si svolse nel territorio dell’Alto Mantovano e in quello del Basso Garda, compresa Rivoltella e Desenzano, non coinvolse solo le donne di Castiglione delle Stiviere rese famose da Dunant, ma tutta la popolazione dell’area interessata dalla Battaglia. Nobili e popolani si diedero da fare nel soccorso ai feriti e a Desenzano, dove esisteva un solo ospedale con 10 posti letto, sorsero ben 10 ospedali che furono allestiti nelle chiese, ma anche nel Teatro Alberti, sorto in età napoleonica, la cui direzione, come ospedale, fu affidata al Patriota Mazziniano Pietro Zeneroni, sfuggito a stento alle forche di Belfiore e fuggito all’estero, che aveva fatto ritorno a Desenzano proprio in occasione della Seconda guerra per l’indipendenza.

Durante la battaglia poi era avvenuto un fatto che aveva prodotto una grande emozione e non solo tra la popolazione locale. Una donna, passata alla storia con un nome diverso da quello reale, nel portare da bere ad un ferito era rimasta uccisa, venendo seppellita sul posto assieme a tanti soldati sconosciuti.

Si tratta della vicenda di Anna Cuminello, il cui vero nome era Fortunata Andreoli, vedova Sposetti, che, trasfigurata dalla fantasia popolare, aveva perso i suoi connotati reali, di una donna di mezza età, rimasta vedova con due figli di cui uno handicappato. La donna si trovava a servizio presso la Cascina Selva, proprio nel territorio di San Martino. Durante i furiosi scontri di quella giornata, aveva portato da bere ai feriti e per tutti era ora una giovane donna, Anna Cuminello “La Sposetta”, ferita a morte nel tentativio di alleviare le sofferenze dei feriti.

Il suo nome compare nel monumento eretto ai caduti di San Martino e alla sua vicenda si ispirò Carlo Ademollo nella trilogia, a lei dedicata, che presentò all’Esposizione Nazionale di Firenze nel 1861.

Non dimentichiamo che anche Carlo Ademollo aveva combattuto, come volontario, a San Martino.

Vittorio Emanuele II trasferì, dopo la battaglia, il suo Quartier generale a Rivoltella, nella villa della Contessa Chiara Rizzardi Arrighi, ora biblioteca civica, da dove inviò ai soldati il celebre proclama che si conclude con queste parole, riportate anche su un’epigrafe in Piazza Alpini

“Soldati, io spesso ebbi occasione di portare all’ordine del giorno i nomi di molti di voi, oggi porto all’Ordine del Giorno l’Intero Esercito”

Pochi giorni dopo si giunse all’Armistizio di Villafranca, dell’11 luglio 1859,che stabilì la cessione della Lombardia, tranne Mantova e parte del suo territorio, al Regno di Sardegna, con la cessione alla Francia di Nizza e della Savoia, mentre non si sarebbe proceduto alla liberazione del Veneto, come previsto nei Patti di Plombieres.

Domenico Induno, anche lui pittore soldato, immortalò il momento, angoscioso per i Veneti, dell’arrivo del Bollettino recante la notizia dell’Armistizio.

“Come piangevano i volontari veneti arruolati nell’esercito sardo nel vedere la

guerra fermarsi al limitare delle terre venete” scrisse poi Adamoli nel suo diario.Ma l’accordo tra i due Imperatori scontentò e mandò su tutte le furie anche Cavour, che, giunto in treno fino a Desenzano il 10 luglio, e fattosi condurre in carrozza a Monzambano, dove il Re aveva spostato il suo Quartier Generale, ebbe additittura un violento scontro col Re nel tentativo di convincerlo a continuare da solo la guerra contro l’Austria.

Il Re, dopo aver ascoltato pazientemente il suo sfogo, lo fece allontanare compatendo la sua indignazione. (vedi Edoardo Campostrini “I tre giorni infuocati di Cavour a Desenzano” nella Rivista Mensile “L’Ago” settembre 2010″ )

Per il disseppellimento dei Caduti, l’inaugurazione degli Ossari e la costruzione della Torre, ora luogo simbolo del nostro Riusorgimento in quanto dedicata a tutti i Caduti di quel Periodo Storico, si rimanda al bel libro di Alberto Anselmi “24 giugno 1859. La Battaglia di San Martino nel Risorgimento Italiano” Capriano del Colle (BS), maggio 2009

Per quanto concerne invece le notizie di carattere generale sul NostroRisorgimentosiconsiglia :

“Bella e Perduta” di Lucio Villari, ed. Laterza 2009.

“IL Lungo Risorgimento” di Gilles Pécout, Ed. Bruno Mondadori, 1999.

Prof.ssa Maria D’Arconte

Testo Videoconferenza 22 giugno 2020 ” La Battaglia di Solferino e San Martino nel Risorgimento Italiano”

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